Simbolo dell’eccellenza italiana in campo architettonico, visionario urbanista e sensibile amante dei modelli classici: ecco la storia unica di Giò Ponti.
Arduo, per non dire riduttivo, cercare di “contenere” l’anima e la vita strabordante di Giò Ponti in poche righe: simbolo di un’evoluzione senza precedenti nel campo dell’architettura, amante frenetico e commovente della sua Milano.
La sua seconda casa, per non dire la prima, è stata il Politecnico, ma in realtà potremmo dire che Giò Ponti è stato un essere vivente appartenente a ognuno di noi. Un bene prezioso, un’eredità unica in grado di intraprendere una rivoluzione architettonica senza pari: un’anima classica che ha stravolto il modo di concepire l’abitazione, per sempre. Ripercorriamo i tratti più salienti della sua avventura professionale e umana.
Giò Ponti: tra classicità e tensione futuristica
Giovanni “Giò” Ponti nasce a Milano il 18 novembre 1891 e, dopo il diploma classico, si iscrive al Politecnico del capoluogo lombardo, definendo da subito ciò che sarà la sua cifra più caratteristica: la fusione tra anima classica e slancio pratico.
Fondamentale nella formazione della coscienza e della consapevolezza di Ponti è la sua partecipazione alla prima guerra mondiale. Un dolore profondo, una ferita pulsante che Giò porta con sé e ne fa una fonte di forza, ispirazione e credibilità.
La Milano che cerca di ricostruire dalle ceneri della guerra di trincea è volta a una ripresa innanzitutto mentale, morale ed estetica: il recupero imprescindibile del bello, inteso come ancora e veicolo di salvezza umana e collettiva. I brutti ricorsi si possono dimenticare solo con la dolcezza delle linee, con la visione aperta di un mondo che, seppur a fatica, deve e vuole rimettersi in pari con la Storia.
Così, nel 1927 Giò Ponti apre e inaugura il suo primo studio a Milano: un luogo in cui pittura, scultura e arte si uniscono per formare qualcosa di unico.
Proprio tra le mura della sua prima casa professionale, Giò inizia a ragionare con lucida modernità sulle esigenze che lo circondano: tra di esse in prima linea vi è l’abitazione, il vivere quotidiano, lo spazio che abbraccia sogni e desideri di ogni essere umano.
Giò Ponti e l’abitazione: una questione esistenziale
Lo slancio visionario di Ponti necessita anche di viaggi, scoperte e confronti: mettersi in discussione è basilare per poter creare con qualità.
Osservare come mutano gli edifici, i materiali e le costruzioni: da qui nascono le sue prime opere internazionali come Villa Bouilhet a Garches (Parigi)
Ma è tornando a Milano che, dopo la costruzione della palazzina Randaccio (sua casa e anche sua prima opera architettonica), il genio milanese intraprende un percorso fondamentale per la sua carriera: nel 1928 vede la luce la rivista Domus, fondata assieme a Gianni Mazzocchi.
In essa è contenuto e racchiuso lo spirito italiano, non solo di Giò Ponti, ma di un Paese intero: lo stile diviene ben definito, riconoscibile, chiaro e fisico. Ecco che presenza materica e classicismo di linee e spunti, si fondono per la prima volta su carta.
Da qui inizia la grande stagione dei progetti e delle eccellenti costruzioni in cui Giò Ponti ha messo al servizio di tutti la sua preparazione e sensibilità. Non solo arredo e abitazione privata, ma anche edifici residenziali e università. Tra le sue opere - Roma e Padova su tutte: un Paese che prova a rialzarsi non può prescindere dai luoghi della cultura.
Nel 1952 dà vita allo Studio Ponti assieme a Fornaroli e Rosselli: è la consacrazione di una presa di coscienza definitiva che possono ridare all’uomo la dignità di vivere, muoversi e occupare lo spazio.
Giò Ponti: tra innovazioni e capolavori senza tempo
Innumerevoli gli spunti che ha lasciato Giò Ponti nel campo non solo dell’architettura ma, più in generale, della culturaumana. Innovazioni e istituzioni uniche ed eterne, come il premio “Compasso d’Oro” che ha unito visioni sino a quel momento, mai esplorate.
La sua dirompente necessità comunicativa e la vicinanza alla gente, passano anche dalla carta stampata con le riviste “Stile industria” e “Cultura dell’abitare.
Perché ciò che ha reso grande e unico Ponti è il suo linguaggio trasversale, capace di unire e creare nuovi mondi, in grado di resistere al tempo.
Capolavori come il Grattacielo Pirelli (1956), la Chiesa di San Francesco (1964) e quella di San Carlo Borromeo(1966) sono solo alcune delle meraviglie uscite dalla testa dell’architetto milanese.
Piccole curiosità su Giò Ponti
Gli amici di Giò Ponti erano fortunati. Molto spesso, senza avvertimento, ricevevano nella cassetta della posta, una busta con gli auguri di compleanno, un’elogio per la loro promozione o semplicemente un saluto amichevole. A volte veniva raffigurato un disegno a strisce colorate, altre volte vi era un messaggio scritto con la sua sinuosa calligrafia. Ogni sua lettera, era comunque unica ed originale per ogni destinatario. Ci si chiedeva spesso come quest’uomo – tra i suoi numerosi impegni e responsabilità – riuscisse sempre e comunque a trovare il tempo per disegnare o scrivere lettere agli amici, con tanta generosità, senza aspettarsi mai nulla in cambio. Tutti gli amici lo ricordano con immenso affetto, concordi nell’affermare che difficilmente avrebbero incontrato nella vita una persona come lui.
Proprio con la sua mano, la sua visione e la sua capacità di leggere i cambiamenti non solo dell’uomo ma della Storia, Ponti ci lascia una lezione unica e sensibile. Un inno alla vita e al bisogno di farci amare l’arte :
Non è il cemento, non è il legno, non è la pietra, non è l'acciaio, non è il vetro l'elemento più resistente. Il materiale più resistente nell'edilizia è l'arte.